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LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO ELETTRICO

Obbligo per tutte le tipologie di aziende

Il processo di valutazione e gestione del rischio elettrico derivante dall’applicazione
congiunta del d.lgs. 81/08 e degli altri testi di legge in vigore consente di ridurre tale rischio ad un livello accettabile, in conformità a quanto previsto dalle stesse leggi.

Nelle attività ordinarie, nelle quali i lavoratori sono considerati utenti generici degli impianti, delle apparecchiature e dei componenti elettrici messi loro a disposizione, il datore di lavoro dovrà compiere tutte le azioni necessarie a garantire:

  • la realizzazione a regola d’arte di tutto il materiale elettrico reso disponibile, tenuto conto delle caratteristiche del lavoro e delle condizioni ambientali e di esercizio;
  • il corretto utilizzo di tale materiale, volto a prevenire i rischi;
  • l’adeguata manutenzione e i necessari accertamenti periodici finalizzati al mantenimento nel tempo delle condizioni di sicurezza.

La valutazione potrà seguire modalità diverse e fare riferimento a documenti o attestazioni specifici per ciascuna sorgente di rischio: l’impianto elettrico, gli apparecchi utilizzatori, gli organi di collegamento mobile. Essa dovrà considerare,

comunque, le condizioni di sicurezza conseguite nella costruzione del componente o

nell’installazione dell’impianto, nel loro utilizzo e nel loro mantenimento nel tempo.

Nel caso in cui i lavoratori siano esposti al rischio elettrico solamente in qualità di utenti di impianti, apparecchi od organi di collegamento mobile, la gestione del rischio in tutte le fasi (realizzazione, uso, mantenimento) richiede molteplici adempimenti e interessa soggetti e figure professionali diversi. Si tratta, da una parte, dei lavoratori e dei soggetti appartenenti alla catena gerarchica aziendale, con compiti e responsabilità in materia di sicurezza progressivamente crescenti, quali i preposti ed i dirigenti, ove presenti, e, in ogni caso, il datore di lavoro; dall’altra, di figure professionali quali i progettisti, gli installatori, i fabbricanti o i distributori del materiale elettrico, gli organi di vigilanza, ognuno dei quali, per la parte di competenza. Nelle aziende di maggiori dimensioni, inoltre, si deve tener conto anche del coinvolgimento di strutture specialistiche, quali gli uffici tecnici, gli uffici preposti agli acquisti, i servizi di manutenzione, aventi numerosi compiti, orientati non solo alla sicurezza, ma anche alla funzionalità e fruibilità di impianti, macchine e strumenti.

Ai fini della valutazione e gestione del rischio elettrico risulta estremamente proficuo tener conto in maniera coordinata e sistematica di tutto ciò che è previsto da leggi, normativa tecnica, indicazioni di buona tecnica per garantire la sicurezza dei lavoratori, ancorché gli adempimenti specifici risultino in capo ai vari soggetti coinvolti.

Nelle attività specifiche che possono portare i lavoratori ad operare direttamente su parti attive accessibili (in tensione o fuori tensione) di linee o impianti elettrici, o a distanze ravvicinate da esse, la gestione del rischio elettrico richiede anche la formazione specialistica dei lavoratori, l’attribuzione dell’idoneità ad eseguire i lavori sotto tensione (ove necessario), l’adozione di specifiche procedure di lavoro, di idonee attrezzature e dispositivi di protezione collettivi e individuali, secondo quanto previsto dalle leggi e dalle norme tecniche.
In ogni caso, dovrà essere effettuata la specifica valutazione del rischio per le scariche atmosferiche e, in caso di necessità, dovranno essere adottate le necessarie misure  previste dalle norme tecniche per ridurre tale rischio al di sotto di quello convenzionalmente ritenuto accettabile.

Art. 80 D.Lgs. 81/08

Il datore di lavoro deve effettuare la valutazione dei rischi di natura elettrica tenendo in considerazione:

  • condizioni e caratteristiche specifiche del lavoro
  • rischi presenti nell’ambiente di lavoro
  • tutte le condizioni di esercizio prevedibili

Come conseguenza della valutazione del rischio elettrico, il datore di lavoro deve adottare le misure tecniche ed organizzative per eliminare o ridurre i rischi ad un livello accettabile.

Tra i rischi di natura elettrica che il Datore di lavoro deve analizzare esistono:

  • contatti diretti e indiretti
  • innesco di incendi ed esplosioni
  • Fulminazione
  • Sovratensioni
  • sovracorrenti derivanti da guasti

Il Datore di Lavoro stabilisce i pericoli durante il lavoro tenendo conto di comportamenti corretti e comportamenti scorretti ragionevolmente prevedibili e:

  • individua i pericoli cui può dare origine l’elettricità e le situazioni pericolose che ne derivano (es: esplosione);
  • valuta i rischi al fine di stabilire se sia richiesta una riduzione del rischio conformemente all’obiettivo mediante diverse tipologie di intervento;
  • stima i rischi tenendo conto della gravità dell’eventuale lesione o danno alla salute e della probabilità che si verifichi.

L’IMPORTANZA DELLA FORMAZIONE PER I LAVORATORI NEOASSUNTI

Una recente sentenza della Cassazione Penale conferma che la formazione dei lavoratori neoassunti deve essere completata prima che gli stessi vengano adibiti alle rispettive mansioni. Gli aspetti normativi e la pronuncia della Corte.

La formazione dei lavoratori è sicuramente uno dei fattori cardine per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali.

La stessa è regolata dall’art. 37 del D.Lgs. 9 aprile 2008 n 81 e impone espressamente, al comma 4, lett. a), che:

4. La formazione e, ove previsto, l’addestramento specifico devono avvenire in occasione:

a) della costituzione del rapporto di lavoro o dell’inizio dell’utilizzazione qualora si tratti di somministrazione di lavoro.

Invece, all’interno dell’ Accordo Stato-Regioni del 21 dicembre 2011 (per la formazione dei lavoratori ai sensi dell’art. 37, comma 2, D.Lgs. 9 aprile 2008 n 81) troviamo un’indicazione che può risultare un po’ fuorviante che specifica quanto segue:

10. DISPOSIZIONI TRANSITORIE

Al fine di consentire la piena ed effettiva attuazione degli obblighi di cui al presente accordo, unicamente in sede di prima applicazione, i datori di lavoro sono tenuti ad avviare i dirigenti e i preposti a corsi di formazione di contenuto rispettivamente coerente con le disposizioni di cui al presente accordo in modo che i medesimi corsi vengano conclusi entro e non oltre il termine di 18 mesi dalla pubblicazione del presente accordo. Il personale di nuova assunzione deve essere avviato ai rispettivi corsi di formazione anteriormente o, se ciò non risulta possibile, contestualmente all’assunzione. In tale ultima ipotesi, ove non risulti possibile completare il corso di formazione prima della adibizione del dirigente, del preposto o del lavoratore alle proprie attività, il relativo percorso formativo deve essere completato entro e non oltre 60 giorni dalla assunzione.

In fase di prima applicazione, non sono tenuti a frequentare i corsi di formazione di cui ai punti 4. 5 e 6 i lavoratori, i dirigenti e i preposti che abbiano frequentato – entro e non oltre dodici mesi dalla entrata in vigore de presente accordo – corsi di formazione formalmente e documentalmente approvati alla data di entrata in vigore del presente accordo, rispettosi delle previsioni normative e delle indicazioni previste nei contratti collettivi di lavoro per quanto riguarda durata, contenuti e modalità di svolgimento dei corsi.

Ovviamente questa disposizione (inclusa la parte relativa alla possibilità di completare il percorso formativo entro e non oltre 60 giorni dalla assunzione) è da intendersi superata in quanto è contenuta al punto 10. DISPOSIZIONI TRANSITORIE del già menzionato Accordo Stato-Regioni del 21 dicembre 2011 ma può comunque trarre in inganno.

 

Nella recente sentenza della Corte Suprema di Cassazione (Cassazione Penale, Sez. 4, 13 febbraio 2024, n. 6301) troviamo una conferma sul fatto che sia obbligatorio completare la formazione dei lavoratori prima di adibirli alle loro rispettive mansioni.

Si riportano di seguito i punti chiave relativi al tema della formazione che vengono riportati nella parte di fatto e di diritto della sentenza in esame.

L’individuazione dei profili di colpa è conforme al dettato normativo, per il quale l’addestramento è concetto diverso dalla formazione e informazione.

La giurisprudenza ha chiarito che non può ritenersi adeguata una formazione, in tema di sicurezza, affidata alla mera trasmissione verbale o gestuale da parte di un soggetto dotato di superiore esperienza empirica sul campo giacché questa, sebbene a sua volta importante, non può sostituire ex sé quel bagaglio di conoscenze ed acquisizioni tecniche, di cui un formatore qualificato per la sicurezza deve essere dotato (Sez. 4, n. 35816 del 12/05/2021, Galletti, Rv. 281975 secondo cui “in tema di infortuni sul lavoro, non è sufficiente, per far ritenere adempiuti gli obblighi di sicurezza da parte del datore di lavoro, la messa a disposizione dei lavoratori di manuali di istruzione per l’uso dei macchinari”; Sez. 4. 21242 del 12/02/2014, Nogherot, Rv. 259219, secondo cui “l’attività di formazione del lavoratore, alla quale è tenuto il datore di lavoro, non è esclusa dal personale bagaglio di conoscenza del lavoratore, formatosi per effetto di una lunga esperienza operativa, o per il travaso di conoscenza che comunemente si realizza nella collaborazione tra lavoratori, anche posti in relazione gerarchica tra di loro. L’apprendimento insorgente da fatto del lavoratore medesimo e la socializzazione delle esperienze e della prassi di lavoro non si identificano e tanto meno valgono a surrogare le attività di informazione e di formazione prevista dalla legge“).

Anche il tema del giudizio controfattuale è stato esplorato in maniera adeguata e conforme al principio per cui “il datore di lavoro che non adempie agli obblighi di informazione e formazione gravanti su di lui e sui suoi delegati risponde, a titolo di colpa specifica, dell’infortunio dipeso dalla negligenza del lavoratore che, nell’espletamento delle proprie mansioni, ponga in essere condotte imprudenti, trattandosi di conseguenza diretta e prevedibile della inadempienza degli obblighi formativi” (Sez. 4, n. 8163 del 13/02/2020, Lena, Rv. 278603).

 

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